Gli ordini professionali e i processi staliniani

Qualche anno fa feci un articolo per Panorama su un giovane avvocato. Non era molto famoso, però era importante (e lo è ancora) perché si era specializzato nel rappresentare i grandi fondi d’investimento, soprattutto stranieri, nelle assemblee delle più grande società italiane. Raccontai chi è, cosa faceva, in che cosa consisteva il suo lavoro e come aveva votato alle ultime assenblee delle società nelle quali rappresentava i fondi. Il pezzo (se ricordo bene mezza pagina) uscì con una sua foto. Dopo alcune settimane quell’avvocato mi chiamò dicendomi che avrei dovuto testimoniare a un processo. Il suo. L’ordine degli avvocati lo aveva denunciato (non so se il termine sia giuridicamente corretto, ma ci siamo capiti) perché lo accusava di essersi fatto pubblicità che, per un avvocato, era vietata, attraverso quell’articolo. Il giorno stabilito ci trovammo in tribunale. Io, lui, il suo difensore e una decina di avvocati appartenenti all’ordine più un paio di giudici, cancelliere eccetera. Gli avvocati del collegio giudicante arrivarono all’appuntamento stabilito, nel corridoio di un’aula di udienza, don 2 ore e mezza di ritardo, e lì capii che per i giudici la puntualità è un optional. Iniziò il “processo”. Mi chiesero: perché ha fatto quell’articolo? Glielo ha chiesto lui? Ha ricevuto compensi? Chi le ha dato la foto? E via di questo passo. Ebbi l’impressione di partecipare a un vero processo staliniano istruito contro un giovane membro reprobo accusato di non rispettare le regole dell’organizzazione. Ecco: se lo ricordino gli ordini professionali, che ieri hanno presentato la loro proposta di riforma al ministro Alfano. E se lo ricordi anche il ministro Alfano, che ha accolto, a quanto pare, senza critiche sostanziali, la proposta degli ordini, compresa quella del ripristino delle tariffe minime. Non abbiamo bisogno di processi staliniani.

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5 Risposte to “Gli ordini professionali e i processi staliniani”

  1. dave Says:

    Grazie per il suo articolo e per aver segnalato il mio blog.

    Sul mio sito web ( http://ordiniprofessionali.wordpress.com/storie/ ), nella sezione “storie”, puo’ leggere nei commenti altre storie drammatiche di persone che hanno avuto la vita rovinata da un ordine professionale.

    L’importante e’ diffondere queste vicende, affinche’ la gente capisca finalmente cosa significa essere perseguitati dall’ordine professionale!

    — Davide

  2. marcocobianchi Says:

    Recentemente l’ordine dei giornalisti ha aperto un procedimento contro una mia collega di Panorama che aveva scritto che Maria Luisa Busi aveva fatto in diversi anni, solo 16 articoli. Mi risulta che chi è iscritto all’ordine dei giornalisti non può (non può!) criticare un collega anche lui iscritto. Ed è per questo che Massimo D’Alema, che è iscritto all’ordine, è finito nei guai per aver detto a Sallusti de Il Giornale, anche lui iscritto all’ordine, “Vada a farsi fottere”. D’ora in poi prima di mandare qualcuno a quel Paese dovrò chiedergli se è iscritto all’ordine dei giornalisti.

  3. yetiste Says:

    una delle poche volte che massimo d’alema aveva detto qualcosa di giusto (non sono un giornalista, posso permettermelo)… con tutto rispetto per Sallusti, che considero uomo intelligente, ma nello specifico eccessivamente provocatore.

    gli ordini servono per fregare chi ha deciso di iscriversi e farne parte. avete mai sentito un ordine che tutela i propri iscritti da marioli che esercitano illecitamente la professione?… nel mio caso (un ordine invero particolare e piccolo), no.

    • marcocobianchi Says:

      Vero. Ma c’è ordine e ordine. Ad esempio: mi dovresti spiegare perchè solo un iscritto all’ordine dei giornalisti può essere direttore di un giornale. Questo è uno dei famosi lacci e lacciuoli non solo alla libertà d’impresa, ma alla libertà personale. Il mio ordine difende gli iscritti dai direttori “abusivi” limitando la libertà dell’individuo a fondare un giornale.

  4. noradlf Says:

    E io che mi chiedevo come mai le libere professioni non siano considerate impresa, in Italia…

    Qualche anno fa, quando scopersi che gli avvocati non potevano farsi pubblicità e cercare attivamente i clienti, per poco non mi venne un infarto, ma credo che poi quella regola sia stata tolta. Però le teste mica le cambi così facilmente!

    A me fa così piacere quando mi dicono che faccio un’attività imprenditoriale! Ma ovviamente non ho un albo (grazie, Signore).

    Non sarebbe interessante se si parlasse di più del legame tra libere professioni e attività di impresa? A me sembra molto sottovalutato, come argomento.

    Dato il periodo, buone vacanze.
    Umberta

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