Oggi sono stato ospite di Andrea Vianello ad Agorà su Rai3. Tema: il taglio dei sussidi pubblici all’editoria rischiano di far fallire 100 testate e mandare sulla strada 4mila persone. Insieme a me hanno parlato Vincenzo Vita (Pd), Felice Belisario (Idv), Gabriele Polo (Manifesto) e Arturo Diaconale (L’Opinione). Il video lo potete vedere qui.
Vorrei fare un commento alla fine di un’interessantissima discussione. Dal mio punto di vista il problema non è “se” finanziare l’editoria, ma “quanto” finanziarla e, soprattutto, “chi” finanziare. Premetto, se non si è capito, che personalmente sono a favore dei contributi pubblici ai giornali, ma quando ho affrontato il tema dei soldi (che, ribadisco a rischio di essere noioso, sono soldi prelevati dalle tasse degli italiani) a favore della stampa, mi si sono rizzati i capelli in testa. Non volevo letteralmente credere a ciò che stavo leggendo. Il risultato delle mie ricerche li ho scritti in “Mani bucate”, e quindi non mi dilungo. Segnalo solo che oltre ai soldi pubblici di provenienza statale c’è un mondo immenso e sconosciuto di sussidi pubblici provenienti dai fondi regionali. Un’orgia di finanziamenti scandalosa.
Però non bisogna piangere lacrime di coccodrillo. I politici che oggi dicono che sarebbe gravissimo se chiudessero 100 testate e se 4mila persone restassero senza lavoro (al di là dei numeri che non so quale affidabilità abbiano) sono gli stessi che hanno approvato leggi di spesa incredibili, scandalose, clientelari, le quali hanno prodotto truffe, raggiri, sprechi al di là dell’immaginabile arricchendo non tanto i dipendenti dei giornali, ma i loro editori, cioè industriali (diciamo) privati che hanno usato i soldi pubblici non per esprimere un’idea di società, di economia, di politica particolare, ma per avere o un ritorno cash sui loro portafogli o per avere uno strumento di influenza politica sul Parlamento. Questa è la realtà, e nessuno, mentre si approvavano quelle leggi, dico, nessuno, ha alzato il dito per segnalare i possibili abusi che si sarebbero potuti verificare, per sostenere che dare soldi a giornali in cooperativa rischiava di dare soldi a truffatori. E nessuno si è opposto alla concessione di ben 5 milioni di euro l’anno divisi a metà tra due web tv facendole passare per organi di partito mentre in realtà erano strumenti della lotta politica tra due correnti dello stesso partito. Francamente è insopportabile che gli italiani, oltre ai costi della democrazia, abbiano dovuto finanziare lo scontro di potere all’interno di un partito tra due esponenti antropologicamente inconciliabili.
Ecco: tutto questo è finito. I sussidi pubblici all’editoria sono stati drasticamente ridotti. Il contributo statale è passato da 300 milioni di euro a meno della metà e i giornali che ci vanno di mezzo sono, purtroppo, anche quelli che avrebbero il “diritto” (parola da usare con grandissima cautela ma l’utilizzo, in questo caso, è giustificato) di continuare ad andare in edicola. E’ sbagliato? Certo che è sbagliato, ma quesi giornali e quei giornalisti che oggi rischiano il posto, negli anni passati non hanno condotto nessuna battaglia politica per tagliare inimmaginabili sprechi compiuti sulla pelle di chi paga le tasse. Adesso è arrivato il conto. E, purtroppo, lo pagano anche loro.